Screen Desire
written by Alessio Pasqualini
creative concept by Alessio Pasqualini
shot in a photobooth
special thanks to DEDEM Italia
La lingua dei segni italiana, in acronimo LIS, è un classico esempio di come le mani possano comunicare cose senza l’ausilio dell’espressione verbale. La mano, con il palmo e le cinque dita, è l’arto tra i più complessi del corpo umano tanto da richiedere uno studio specifico sull’anatomia artistica. Le mani sono uno strumento.
La LIS non è una forma abbreviata di italiano, una mimica, un codice o un semplice alfabeto, ma una vera e propria lingua veicolata attraverso il canale visivo-gestuale. Ciò le consente di offrire un accesso alla comunicazione estremamente inclusivo, abbattendo le barriere linguistiche per raggiungere le cosiddette “pari opportunità”.
“Mano libera, pensieri sciolti”
Due sostantivi, uno singolare l’altro plurale, mano/pensieri disegnano una classica opposizione, quella fra l’esecuzione e la progettazione o, se vogliamo, tra pratica e grammatica, braccio e mente, killer e mandante. Questa è una delle frasi tra le più significative che Alighiero Boetti (Torino, 1940-Roma, 1994) ha posto al centro delle sue opere. Artista concettuale molto prolifico, Boetti è stato uno dei principali protagonisti del gruppo dell’Arte Povera e uno degli artisti italiani più apprezzati del secondo Novecento.
La mano e le mani di Boetti sono presenti, disegnate da se stesse, fotografate o anche xerocopiate, in moltissimi lavori. Nel suo percorso artistico la mano è un simbolo che sta esplorando un territorio, lasciando delle tracce che potranno rimanere visibili, sbagliando, anche. Quindi, pensiero sciolto o no?
Messaggi senza parole
E se la lingua è espressione di un popolo, non sono da meno i gesti; codici linguistici muti che si fanno portavoce dell’identità culturale di un Paese. Sebbene in Italia ne esistano diversi a seconda della zona, alcuni possono essere considerati universali.
Significati simbolici che hanno lasciato il segno su Bruno Munari (Milano, 1907-1998) il quale decise di raccoglierne cinquanta “per avere una documentazione il più possibile esatta, ad uso degli stranieri che visitano l’Italia” (1). Nel Supplemento al dizionario italiano del 1958, Munari prende in esame tutti i gesti che infiorettano i discorsi dei suoi connazionali: le mimiche facciali, gli atteggiamenti dell’intera persona e i classici segni con le mani.
Un’inedita forza espressiva
Per vie diverse, nell’opera di Alighiero Boetti e Bruno Munari la gestualità delle mani è centrale. Ma i codici della comunicazione possono non essere rispettati, come nel caso di Ketty La Rocca. Nel video Appendice per una supplica, La Rocca non usa il linguaggio dei segni, né la tradizionale espressività della gestualità italiana. Libera il gesto delle mani da ogni significazione e cerca di conferire una nuova libertà all’immagine, semplificandola in uno spazio privo di linguaggio verbale, o accostandola a brevi testi volutamente privi di senso.
Nuove libertà desiderose di autodeterminazione anche nel ripensamento dell’immaginario femminile, una pratica al centro dell’opera di Ketty La Rocca quanto al centro dell’opera di Chiara Fumai (Roma, 1978-Bari, 2017) che nell’installazione video ampliata intitolata The Book Of Evil Spirits utilizza la lingua dei segni per canalizzare lo spirito di Eusapia Palladino, spiritsta e medium italiana. Fumai interpreta la medium attraverso una performance in cui le mani “parlano” sovvertendo le narrazioni dominanti sul potere, il genere e l’occulto.
Linguaggi d’amore
Un linguaggio universale che attraversa e comunica emozioni, intenzioni e relazioni. L’amore, come il linguaggio, ha molte sfumature.
Ad aprile 2023, il famoso artista bahiano Caetano Veloso ha pubblicato un video musicale in onore della coreografa tedesca Pina Bausch. Nel video, con la colonna sonora della canzone The Man I Love, il ballerino esegue, nella lingua dei segni, il testo della canzone. La scelta della coreografia nella lingua dei segni, che dialoga con il testo della canzone, suggerisce una ricerca di una comunicazione più profonda e autentica, che va oltre le parole e i gesti convenzionali.
Cinquanta anni prima, il fotografo tedesco Rudolf Bonvie ha affrontato lo stesso tema, questa volta attraverso una serie di tredici fotografie, numero dispari perché la solitudine non contempla la parità, scattate in bianco e nero su una superficie nettamente divisa in due parti. Una parte cerca affetto, l’altra lo dona e poi si ritira. L’inizio, lo svolgimento e la fine di una storia d’amore o di un singolo tentativo di comunicazione con l’altro, prima timida e poi decisa, quindi rassegnata. Una volontà precisa di rappresentare la comunicazione assieme a tutte le sue problematiche senza impiegare le parole, sfruttando, ancora una volta l’immensa potenza della gestualità.
1 Supplemento al dizionario italiano, Prefazione, 1958