Vanishing CowBoys

creative direction, concept and styling by Alessio Pasqualini
photography by Federico Sorrentino
model Andrea Leoni


Vanishing CowBoys è un editoriale che sviluppa gli immaginari filmici dedicati alla ridefinizione contemporanea di una delle figure centrali del cinema americano classico: il Cowboy. Icona di potere, decisione e coraggio, alla conquista del Far West, il Cowboy ha rappresentato nella storia americana un eroe e una figura attorno a cui è stata costruita una mitologia cinematografica chiara e potente: virile, polverosa, isolata.

Ma cosa accade quando questa grammatica viene decostruita o semplicemente attraversata da un’intimità dissonante? Quando l’idea del Cowboy dominante si incrina lasciando spazio alla paura?

Partendo dall’ispirazione di capolavori contemporanei ormai divenuti classici come “I Segreti di Brokeback Mountain” o il più recente “The Power of the Dog”, che hanno forzato la logica della pelle logora del genere western, queste immagini presentano un Cowboy che perde qualcosa per conquistare e trovare altro. Dall’immagine tradizionale della cultura statunitense e al suo linguaggio fotografico — basti pensare che il famoso “piano americano” nasce per far vedere la fondina dove si tiene la pistola — le immagini si arricchiscono di dettagli contemporanei distanti da quegli stereotipi. 

Lontano dal voler rappresentare il mito del Cowboy solitario, le immagini esplorano il tema del corpo: il suo modo di toccare, di muoversi, di abitare lo spazio e il tempo. Ed è proprio questa temporalità un fattore importante nella lettura di questo editoriale che trova nello studio dell’opera di Omar Mismar intitolata A Hands Routine un’ispirazione fondamentale ed esplicita. In quest’opera Mismar mappa i momenti in cui due amanti omosessuali si tengono per mano in un viaggio in auto lungo le strade di un Paese che non contempla l’accettazione di soggetti queer. Il gesto diventa un atto sovversivo, carico di rischio e significsto, un esercizio di intimità e cautela che riflette sulle dinamiche di visibilità e affetto in spazi pubblici ostili. 

Uno stesso stato di allerta percorso, ancora una volta, nel genere western contemporaneo dove il desiderio queer non può che essere celato, troncato, censurato. Un modo di mappare un rapporto — i suoi pieni e vuoti, il contatto e la distanza — in un’atlante affettivo e rarefatto. L’uso della grafica diventa quindi uno spazio memoriale e performativo in una tensione continua tra malinconia, ritualità, perdita. Il Cowboy non è più un eroe solitario, ma un archivio di silenzi, di gesti, di promesse non mantenute. E nei suoi silenzi germogliano altre possibilità di lettura.

È così che, a partire da questa frizione, prende forma una sensibilità nuova, nuove armonie che, infine, fanno divenire questi Vanishing CowBoys un tutt’uno con la natura. Come se la natura stessa si facesse soggetto e involucro di quei corpi stanchi di essere eroi, con la stessa delicatezza con cui erano apparsi.


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© Alessio Pasqualini
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